Pietro Andrea Mattioli tradusse e riesaminò l’opera di Dioscoride Il De Materia Medicinale che ha rappresentato per molti secoli il testo di riferimento per speziali e terapeuti europei. Nato a Siena il 12 marzo del 1501, la cui famiglia faceva parte di un élite culturale prestigiosa della città, ha la sua casa natale presso il Ponte di Romana, segnata ancora oggi da una lapide che lo ricorda, in quella frazione di città indicata come Terzo di S. Martino. Trascorse la prima parte della sua vita in Veneto e si iscrisse all’Università di Padova, laureandosi in medicina nel 1523. Tra le esperienze più significative Mattioli ebbe l’occasione di conoscere Erasmo da Rotterdam, con il quale instaurò un carteggio durato più di 10 anni. Lo spirito erasmiano doveva aver fortemente influenzato la formazione culturale e scientifica del giovane Mattioli. A testimonianza di questo esiste una biografia dell’autore in latino scritta nel Settecento dal religioso Giovanni Niccolò Bandiera (1695-1761), figlio di uno dei fondatori, nel 1691, dell’Accademia dei Fisiocritici di Siena.
Tra i monti e le valli alpine Mattioli andava alla ricerca delle erbe medicinali per osservarle, studiarle e ricavarne semplici estratti. Successivamente si ritirò a Trento dove morì di peste nel 1578. Le sue spoglie si trovano oggi nel Duomo di Trento dove un sepolcro marmoreo lo raffigura al suo tavolo da lavoro.
Pietro Andrea Mattioli compilò il suo primo lavoro sul De Materia Medicinale quando si trovava a Gorizia. Era al tempo uno studioso poco noto, autore solo di un opuscolo sulla sifilide pubblicato nel 1530. In una prima edizione la traduzione riguardava i primi cinque libri dell’opera di Dioscoride e ne rispecchiava l’ordinamento relativamente a carattere farmacognostico.
Il successo inaspettato che ebbe la prima traduzione del De Materia Medica compilata dal Mattioli e l’interesse che essa riscontrò non solo tra i medici e gli speziali, ma anche su molti studiosi di semplici e in particolare docenti dell’Università di Padova, spinsero l’autore a elaborare una seconda traduzione che fu redatta, in un solo tomo di 756 pagine, nel 1548. In questa edizione fu compresa anche la traduzione commentata del sesto libro di Dioscoride (128 pagine numerate a parte) che argomentava veleni e antidoti. Il titolo di questa nuova opera (Fig. 6) fu: “Il Dioscoride dell’Eccellente Dottor Pietro Andrea Mattioli”.
Le 200 piante che si aggiunsero a questo lavoro, sconosciute a Dioscoride e ad altri medici classici, erano state esaminate dallo stesso Mattioli nelle erborizzazioni nel Goriziano, nel Carso, in Carniola, nella Stiria, in Val Canonica, a Trieste, in Istria. I Discorsi, nell’impostazione dell’edizione del 1568, che è da considerarsi definitiva, verranno poi ristampati numerose volte e tradotti in più lingue. Le ultime edizioni, contenenti la descrizione di circa 1200 specie di piante ad uso degli speziali, sono della metà del Settecento. Mattioli si trova citato, per le sue descrizioni di piante o per le sue preparazioni, fino alle Farmacopee di inizio Ottocento.
Jacopo Crezzini