Dopo la passeggiata dello scorso giovedì 22 agosto su Pio II, il Papa e l’umanista ecco i racconti degli scopri-teller di SienaSalute. Buona lettura!
1.Il Papa dalle mille sfaccettature
di Barbara Rosini
Mi presento a tutti voi, sono Enea Silvio Piccolomini nato da padre Silvio Piccolomini e da madre Vittoria Forteguerri. Sono vissuto nel ‘400 e ho frequentato di malavoglia l’università di Siena, sono però riuscito a laurearmi e nel 1431 mi sono stabilito a Siena, accettando il posto di segretario propostomi da Domenico Capranica, allora vescovo di Fermo che mi ha voluto portare con sé al Concilio di Basilea perché c’era una polemica in corso contro Papa Eugenio IV che non intendeva riconoscergli la nomina a cardinale.
Sono arrivato a Basilea nel 1432 mostrando subito la mia abilità politica e diplomatica mettendola a disposizione di Capranica e altri signori.
Papa Eugenio IV nel 1437 ha dato origine allo “scisma di occidente” e io sono stato nominato funzionario del Concilio nel 1436, pur essendo ancora laico, dopo la rottura avvenuta nel 1437 sono passato dalla parte dei conciliarismi.
Nel 1439 ho appoggiato l’ex duca di Savoia Amedeo VIII con il nome di Felice V per l’elezione ad antipapa.
Nel 1443 sono stato incoronato come poeta laureato.
Ho deciso di risolvere il problema dello scisma andando in missione a Roma nel 1445 per convincere Eugenio a convocare un nuovo concilio. Sono stato assolto dalle censure ecclesiastiche facendo ritorno in Germania con il compito di assistere il Papa.
Sono riuscito, attraverso un compromesso, a convincere il morente Eugenio ad accettare la riconciliazione, offerta dai principi tedeschi, lasciando senza supporto il concilio e l’antipapa. Perché, io,in quel momento avevo già preso i voti e sono stato consacrato suddiacono nel 1446 e nel 1447 sono stato ordinato presbitero.
Ho fatto rapidamente carriera perché l’ho voluto a tutti i costi grazie alla mia dote di mediatore. Sono stato vescovo di Trieste dal 1447 al 1450, anno in cui sono stato nominato vescovo di Siena, dove ho patito molti dolori e incomprensioni. Ho risieduto pochissimo in questa città in quanto ero sempre impegnato nelle diverse missioni diplomatiche richieste dalla Santa Sede.
Sono stato inviato grazie alla mia conoscenza della lingua tedesca insieme al Cardinale Cusano da Niccolò V, alla corte imperiale come negoziatore del matrimonio tra Federico d’Asburgo e la principessa Eleonora d’Aviz. Sono riuscito a portarlo a termine con fierezza, tramite la stipula del concordato in cui si ristabiliva i rapporti tra Chiesa e Impero. Nel 1452 alla fine del compito che mi era stato assegnato, ci fu il suggello dell’avvenuta negoziazione attraverso la celebrazione del matrimonio tra Federico ed Eleonora.
L’anno 1453 fu terribile per me e tutta la cristianità, perché l’ultimo nostro baluardo cadeva nelle mani di Maometto II. Io, dal precedente passato di umanista,spinto dall’emozione scrissi il Dialogus, un trattato dialogico dove si riflette sull’autorità morale del papato e, sulla necessità di una crociata volta a frenare l’avanzata Ottomana.
Ho raggiunto la notorietà tra il 1455 e il 1458. Nel dicembre del 1456 sono stato finalmente nominato cardinale. Poi, nel 1458 sono stato eletto Pontefice e sono stato incoronato nel settembre dello stesso anno. Ho scelto di chiamarmi Papa Pio II in omaggio a Pio I che tanto stimavo.
Essendo di salute cagionevole, decisi di buttarmi anima e corpo nella realizzazione di un vasto piano di riforme e creazione della grande coalizione europea volta a scacciare i turchi da Costantinopoli.
Decisi di scrivere una missiva al Sultano Maometto II allo scopo di fare una crociata contro i Turchi Ottomani,in cui lo provocai dicendogli che se avesse accettato di ricevere il battesimo gli avrei offerto il titolo di imperatore romano.
Tra il 1462-1463 ho scritto i Commentarii in terza persona facendo riferimento agli episodi accaduti durante il Concilio di Basilea dando così una descrizione della società rinascimentale da una parte, e dall’altra l’esortazione ai cristiani affinché riscoprissero la propria fede.
Nel 1463 ho deciso di rinnegare il mio passato con l’emissione di una seconda bolla, chiamata Bulla retractationis, nella quale io pregavo i miei antichi avversari di rifiutare Enea e di dare ascolto a Papa Pio II.
Nel 1464, vicino alla mia fine della vita terrena, sono partito in maniera febbrile e con impazienza alla volta di Ancona, per condurre personalmente la crociata contro gli Ottomani.
Mi sono spento tra la notte del 14 agosto e il 15 agosto del 1464.
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2.Io e lo zio Pio, un’avventura nei meandri de tempo
di Arsenio Siani
Puoi dire di aver conosciuto davvero la terra in cui hai vissuto tutta o parte della tua esistenza soltanto se conosci la storia di coloro che ti hanno preceduto, calpestando la stessa terra su cui poggi i piedi, lasciandovi un segno perenne, indimenticabile per le generazioni a venire. Ogni città, paese o territorio ha avuto le sue personalità di spicco e Siena ne può annoverare veramente tante. Non sono senese, ho messo radici in questa città da molto tempo e ancora mi stupisco di ciò che non so, e riesco a scoprire giorno dopo giorno su questa terra che mi ha accolto e mi ospita. Stasera avrò modo di colmare una lacuna importante sulla mia conoscenza della storia senese ascoltando il racconto della vita di Enea Silvio Piccolomini, ovvero Pio II, il papa senese. Le mie informazioni sul suo conto sono molto vaghe, so che nacque a Pienza ed è stato l’artefice dell’ultima crociata del mondo occidentale, organizzata contro gli Ottomani dopo la caduta di Costantinopoli del 1453 ad opera di questi ultimi, così partecipo all’evento dedicato a Pio II con grande curiosità.
Stanotte ho dormito poco, sono stanco e non mi sento neanche tanto bene, il cielo è grigio e minaccia pioggia. Prima di uscire di casa per recarmi in Piazza del Campo per il ritrovo, ho un attimo di esitazione. Forse dovrei rinunciare, mettermi a letto e riposare. Ho la testa pesante, la nausea e dolore alle ossa. Forse ho la febbre.
“Allora? Sei pronto?” mi chiede la mia compagna sulla soglia della porta, intenta ad uscire di casa. Muovo le labbra per dire qualcosa, ma non mi esce nessun suono dalla bocca. Sospiro, chiudo gli occhi e mi alzo dalla sedia. “Andiamo” rispondo.
Il tragitto fino in Piazza non è lungo, ma mi sembra che duri un’eternità. Cammino con passo lento ed incerto, talvolta assumo un’andatura scomposta che mi fa sembrare un ubriaco. La mia compagna si accorge che c’è qualcosa che non va e mi guarda con aria preoccupata. “Cosa c’è? Stai male?”
“Non è niente. Solo un po’ di stanchezza. Fammi sedere un secondo. Tanto siamo in anticipo.”
“Vuoi che torniamo a casa?” suggerisce, mentre mi tiene per mano e mi aiuta a sedermi sul bordo di un marciapiede.
“Non è niente” ripeto, mentre chiudo gli occhi e sento i suoni che diventano sempre più ovattati. Piego la testa e poggio il mento sul petto. Le orecchie sono più vicine al cuore, e riesco quasi a sentirne il battito. Il mondo fuori è sempre più lontano, sprofondo in un buco nero di oblio e silenzio. Le voci sono un sussurro ormai, le forme ridotte ad un puntino in lontananza. Non sento più freddo sulla pelle, né fame, né sonno. Solo la pace che mi avvolge…
“Allora? Ti sbrighi?” La voce di Sere, la mia compagna, mi richiama al presente. Apro gli occhi, e la vedo stagliarsi di fronte a me, mentre mi tende la mano con aria impaziente. I suoi occhi ardono di frenesia, il suo corpo teso mi comunica l’intenzione di correre per giungere alla meta il più in fretta possibile. Metto a fuoco meglio la sua sagoma e mi rendo conto subito che c’è qualcosa di strano. “Sere…ma come diavolo sei vestita?”
“Cosa? Ti sembra il momento di mettersi a scherzare? Guarda che facciamo tardi. La cerimonia sta per iniziare.”
“Ma da dove salta fuori quel vestito?” insisto. Come per magia è apparso dal nulla un vestito d’epoca, di colore rosso, ornato di pizzi e merletti ai bordi delle maniche e sulla gonna, con una trama fantasiosa ed intricata. Sulla testa Sere indossa anche una piccola corona dorata che funge da fermacapelli. Alzo la testa al cielo e mi rendo conto che c’è qualcos’altro che non va. Il sole è alto nel cielo. “Ma non era notte?”
“Arsenio? Ti senti bene?” mi chiede Sere con aria preoccupata, mentre il mio sguardo vaga per gli spazi circostanti, lasciandomi attonito e sconcertato. Dovremmo essere in Piazza Matteotti ma non riconosco neanche una pietra di quel luogo. Dove dovrebbe sorgere il palazzo delle Poste c’è uno spazio vuoto, alla mia sinistra sorge la Basilica di San Domenico, la cui vista non è più celata al mio sguardo da nessun palazzo. Inoltre osservo i passanti e noto che anche loro indossano vestiti d’epoca. Alcuni sembrano contadini, indossano una specie di camice bianco e larghi pantaloni che potrebbero essere fatti di Juta. Altri hanno l’aspetto più nobile, con indosso vestiti eleganti, realizzati con tessuti all’apparenza pregiati e dai colori sgargianti.
“Ma che sta succedendo?” chiedo, con aria sbigottita.
“Se non la pianti ti lascio qui!” ringhia Sere, tirandomi per mano per invitarmi ad alzarmi.
Mi decido a seguirla ed iniziamo una corsa a perdifiato lungo Banchi di Sopra per recarci in piazza. Anche qui faccio fatica a riconoscere i luoghi in cui ho transitato tante volte, i negozi che conoscevo sono spariti, sostituiti da piccole botteghe di artigiani e commercianti, alcuni ancora aperti, altri sprangati con massicce assi di legno.
Infine giungiamo in Piazza del Campo, dove si è radunata in cerchio una folla enorme. In mezzo alla piazza, al centro esatto della “conchiglia “, un uomo in abiti papali è in ginocchio di fronte ad un altro uomo che lo sta benedicendo. In una mano stringe un bastone che si arrotola sulla cima in un motivo a spirale, con l’altra mano traccia una croce nell’aria, mentre recita delle frasi in latino. Dallo strano cappello che porta sulla testa e dalla larga vestaglia sormontata da un mantello che gli ricopre le spalle intuisco che si tratti di un vescovo.
“Ma che diavolo stanno facendo?” dico, tra me e me. Una donna davanti a me si volta e mi fulmina con lo sguardo. “Non bestemmiare, cane!” sbraita, e poi mi sputa sui piedi.
“Ehi, ma che fai?” urlo, mentre mi faccio avanti con aria minacciosa. Sere si pone davanti a me per fermarmi e mi guarda con aria severa. “Smettila. Hai sbagliato. Chiedi scusa.”
“Ho sbagliato? Che ho fatto?”
“Hai nominato il demonio durante un momento sacro. Non offendere la sensibilità altrui.”
“Ma che ti prende? Da quando in qua sei così sensibile alle usanze religiose?”
“Stai zitto. Voglio guardare la cerimonia.’
“Ma mi aiuti a capire? Che cerimonia è?”
Sere mi guarda come se fossi un alieno, con aria spaesata. Il suo sguardo interrogativo mi fa intuire la sua confusione. Si sta chiedendo se stia scherzando o faccia sul serio.
“O giovanotto, da dove tu vieni?” interviene un anziano signore al mio fianco, lasciando intendere di aver origliato la nostra conversazione. “Sei forestiero? Dai tuoi vestiti si direbbe di sì…è da giorni che in città non si parla d’altro. A Roma, in questo preciso istante, stanno incoronando il Papa. Il nostro illustre concittadino Enea Silvio Piccolomini, è il nuovo capo della Chiesa. Qui in piazza stanno simulando l’evento che si sta tenendo in contemporanea a San Pietro, così fanno vedere anche a noi che non possiamo essere presenti ciò che sta succedendo lì. “
“Ma non era più semplice montare un maxischermo e proiettare direttamente le immagini in temporale da Roma? Che senso ha organizzare questa carnevalata?”
Il vecchio mi squadra dalla testa ai piedi, negli occhi ha un’espressione mista tra disprezzo e compassione. “Maxi…cosa? Proiettare…che? Signorina, lo vuole consiglio? Lo riporti a casa. Credo che suo marito non stia tanto bene” dice infine, rivolgendosi a Sere.
“Ha ragione. Mi scusi, buonuomo, per il fastidio arrecato “ risponde Sere. Poi mi afferra per un braccio e mi trascina via. “Che figure mi fai fare?” ringhia, mentre con aria furtiva dribbla diverse persone ferme ad osservare la cerimonia. “Sere… in che anno siamo?” chiedo. La paura si sta facendo largo dentro di me. Sto intuendo qualcosa. Sto realizzando di essere in un’altra epoca, in qualche modo sono finito nel ‘400, ad osservare gli eventi di cui avrei dovuto ascoltare il racconto tramite la passeggiata.
D’un tratto la mia attenzione viene catturata da un buffo ometto che sta parlando ad una piccola folla radunatasi intorno a lui all’altezza della Croce del Travaglio. Indossa una tunica da frate, ha una lunga barba bianca e capelli folti solo ai lati della testa. La nuca è completamente calva, talmente lucida da riflettere la luce solare. È basso, e piuttosto tarchiato. È salito in piedi su un piccolo sgabello, così da sembrare più alto e parlare ai suoi uditori guardandoli negli occhi dall’alto verso il basso. Il tono è feroce, severo.
“Oh no! Arnaldo l’eremita…scappiamo, su. Quel prete pazzo porta solo guai.”
Da lontano posso udire le sue parole minacciose e rabbiose, la sua invettiva potente scagliata contro qualcuno che intuisco essere il papa.
“Date retta alle mie parole! Quell’uomo è il demonio, giunto in seno alla nostra chiesa per distruggerla. È un uomo corrotto e deviato, e ne ho le prove.” Mentre pronuncia queste parole solleva un libro verso l’alto, come se fosse un trofeo. Mi allontano da Sere per avvicinarmi. Le sue parole m’incuriosiscono. Arrivo ad una distanza tale da riuscire a leggere ciò che c’è scritto sulla copertina del libro. “Storia di due amanti” ed “E. S. Piccolomini” ,titolo ed autore del volume.
“Tra queste pagine è contenuta la prova della perversione, frutto del maligno, che risiede nel cuore di quell’uomo! La sua mente malvagia ha partorito questo libro, dove si narra di peccati della carne, sodomia e tutto ciò che d’impuro può essere generato da un animo perverso! Leggete, ed inorridite!” dice infine il prete pazzo aprendo il volume a caso e sbattendo le pagine sotto al naso della folla.
Riesco anche io a leggere qualche riga del racconto, sembra la storia di due innamorati, arricchita di qualche dettaglio spinto.
“Che cosa succede qui?”
Un uomo in veste talare , accompagnato da due uomini in armatura, si avvicina al gruppetto di uomini radunato intorno all’eremita, di cui ormai faccio parte anche io. Cerco Sere con lo sguardo, ma l’ho persa in mezzo alla folla. Sento puzza di guai, ma non so come tirarmene fuori.
“Sua eccellenza” interviene un uomo appartenente al gruppetto sollevando un dito per prendere parola, “quest’uomo sta gettando discredito sul nostro Santo Padre Pio II. La prego, lo arresti.”
“Prete, giustificati se puoi! “urla l’uomo al comando dei soldati.
Il prete impallidisce, poi inizia a parlare timidamente, la sua voce è quasi un sussurro, appena percettibile. “Sua eccellenza , tempo fa entrai in possesso di questo volume, frutto senz’altro d’inganno e raggiro. Colui che me lo fornì disse che fu scritto da sua santità, ma io non ho mai messo in dubbio la sua buona fede. Deve trattarsi di un falso, realizzato appositamente per screditare il suo buon nome. “
“Chi ti ha fornito il volume? Voglio il suo nome! “
“Un forestiero” dice, sollevando in su lo sguardo verso il cielo, perso tra pensieri menzogneri e storielle che puzzavano di fantasia lontano un miglio. “Un uomo abbastanza giovane…occhi chiari…con delle vesti stravaganti indosso…”
Infine abbassa gli occhi, e il suo sguardo cade su di me. “È lui! Figlio d’un cane ti ho trovato! Maledetto…in quale inganno m’hai fatto cadere?” dice, scagliando il libro contro di me.
“Arrestatelo!” urla il prelato, mentre braccia forti e robuste si avvinghiano intorno al mio corpo. I soldati mi schiacciano al suolo, sento una robusta corda che viene stretta intorno ai polsi. Cerco di urlare qualcosa, ma non esce nessun suono dalla mia bocca. Poi mi arriva un colpo alla testa, e svengo.
“Arsenio….Arsenio…”
La voce di Sere è lontana ma si amplifica sempre più, come se stessi avvicinandomi a lei mentre continua ad invocare il mio nome. Apro gli occhi. Ho la testa calata verso il basso. La sollevo e vedo Sere di fronte a me. Ha abiti moderni addosso. È di nuovo sera. Mi rendo conto di essere di nuovo seduto sul marciapiede.
“Come stai? Vuoi che andiamo a casa? “ chiede Sere con aria preoccupata. Dietro di lei è ricomparso il palazzo delle poste. “Credo di essermi addormentato…ho fatto un sogno. “
“Ma che hai?”
“Niente. Solo un po’ di stanchezza. Quanto ho dormito?”
“Solo pochi minuti. Siamo ancora in tempo, ma non so se sia il caso…”
“Sto bene. Mi sento meglio. Andiamo. “
Inizia la passeggiata. Le notizie che ci fornisce la nostra guida coincidono con il mio sogno. Informazioni che non avevo mai sentito prima d’ora hanno preso vita durante quel viaggio nel passato. A questo punto non so se sia staro un semplice sogno. Troppe coincidenze, stranezze, bizzarrie.
Sarà vera questa storia? A voi la scelta se crederci o meno. Spero solo che questo viaggio fantasioso (o reale?) sia per voi stato lieto. In attesa di una nuova avventura, sulle ali della fantasia.