Lo abbiamo sentito dire tantissime volte che essere genitori è il mestiere più difficile al mondo e non è una magra consolazione del genitore dubbioso della sua efficacia ma una complessa verità; saper essere un buon genitore, infatti, è un compito che ci impegna per la vita con sfide e richieste sempre nuove.
Assumiamo per pochi minuti il punto di vista di un genitore e seguiamolo fino a quando il nido, si spera, resta vuoto e domandiamoci “com’è un buon genitore?”. Per “buono”, intanto, chiariamo che intendiamo “utile”, utile soprattutto allo sviluppo di una soggettività, di una individualità e per genitore intendiamo non necessariamente il genitore biologico ma chi si prende responsabilmente cura di un bambino.
Torniamo al quesito: cosa bisogna fare per essere utili ai nostri figli? Per rispondere a questa domanda dobbiamo intanto riferirci all’età del figlio; è diverso educare un infante da un adolescente poiché questa azione richiede un pensiero ed un atteggiamento molto diversi tra loro.
Nella prima infanzia il compito principale di un genitore è quello di garantire al figlio un senso di sicurezza, di protezione, di stabilità che sarà la base delle successive tappe di sviluppo. Quindi parliamo di attaccamento, nel senso di essere una base sicura e di accudimento. Nella seconda infanzia, che coincide con l’inizio della scuola elementare, il figlio che ha creato un buon attaccamento alle figure di riferimento vive uno stato di sicurezza e di tranquillità che consente di iniziare a sperimentare la socializzazione e di misurarsi con le prime prove della sua vita come i voti scolastici, le prestazioni sportive, il confronto con i pari. In questo senso l’adulto inizia anche ad essere una bussola di orientamento e di regolazione comportamentale ed emotiva per aiutare il figlio ad affrontare l’ambiente esterno in modo sicuro ed adeguato.
Nella pre-adolescenza, che coincide solitamente con le scuole medie, al genitore che inizia ad essere visto da suo figlio come una persona con pregi e difetti e quindi criticato e attaccato nel vivo delle sue fragilità personali, si richiede il compito di fungere da specchio, cioè di riflettere e restituire un’immagine buona e verosimile di questo figlio che ha iniziato una trasformazione somatica e psicologica. Nell’immagine buona non rientrano i deliri narcisistici dei genitori “sei il più bello, il più bravo, il più forte …”. Un’immagine è buona nella misura in cui contiene la rappresentazione di limiti e risorse allo stesso tempo. Questa è la base per una salutare autostima che lo accompagna nell’adolescenza, ossia in pieno sviluppo puberale. Qui il compito del genitore possiamo riassumerlo con una parola: il limite.
La tendenza sana, evolutiva, fisiologica dell’adolescente è una spinta espansiva nel mondo e lo fa con prepotenza ed onnipotenza. Ma i nostri figli, al contrario di quel che danno a vedere e a credere, hanno bisogno di essere limitati da aspetti normativi, così come di sfidarci, di contrapporsi, per definire chi sono, in cosa e come si distinguono. Sapere cosa posso e non posso, cosa è giusto o meno, cosa è consentito nella cultura della mia famiglia o non, è di supporto alla costruzione identitaria.
Identità significa delimitare tra tante scelte possibili quelle che più mi si confanno (insieme ad altri elementi fondanti su cui non vi è scelta ma comunque caratterizzanti come l’appartenenza storico-geografica) e si torna al concetto di limite. Arriviamo, così, tra alti e bassi all’età del giovane adulto, intorno ai vent’anni. Siamo nella fase di vita in cui è compito primario del figlio, con una sua identità emergente, di differenziarsi e di svincolarsi dalla famiglia. Differenziarsi significa mettere insieme l’appartenenza ad un gruppo con storia, come quello famigliare con l’individualità e le sue differenze. Questo si traduce nella possibilità di fare una serie di scelte libere, autonome di realizzazione di sé mentre sussiste il legame affettivo al contesto d’origine. La funzione dei genitori diventa qui “radicante”, in quanto essi consentono di emanciparsi senza perdere la vicinanza affettiva e psicologica. Se una famiglia qui fallisse, si ritroverebbe a fare i conti con figli che tagliano rapporti o con figli che restano bloccati e non lasciano il nido.
Certo la competenza di un genitore si basa moltissimo sui modelli che ha interiorizzato dai genitori che ha avuto e quindi potrebbe ripetere di sana pianta scenari interni così come fare l’opposto col pensiero ingenuo di fare meglio. Tante sono le variabili in gioco e le situazioni famigliari che ci fanno vedere come l’applicazione pratica dei criteri esposti nella realtà prende molte tinte differenti. Questa vuole essere una mappa consapevole che, come qualunque altra mappa di luoghi, bene che sia fatta, non può rappresentare il ricco e avventuroso bagaglio d’esperienza che faremo di persona esplorando quel dato territorio.
*
SienaSalute è una rivista cartacea in distribuzione gratuita presso le attività che aderiscono al progetto in forma gratuita. Ad oggi conta oltre 200 associati che costituiscono una rete solida per promuovere prodotti e servizi di qualità nel settore salute e benessere, uno strumento di settore molto valido per farsi conoscere e aumentare la propria autorevolezza.
Contattaci scrivendo a info@sienasalute.it per saperne di più!