Nelle società più industrializzate, estete, competitive e consumiste, i disturbi alimentari, come l’Anoressia e la Bulimia Nervosa, sono tra le psicopatologie più frequenti. Ne soffrono tanti giovanissimi e prevalentemente le femmine, con livello socioculturale medio-alto.
Senza addentrarci sulle definizioni e sui criteri che portano a farne diagnosi, ci riferiremo ad alcune condizioni individuali e relazionali che spesso soggiacciono al problema e che evidenziano notevoli affinità tra il sintomo anoressico e bulimico, come fossero le due facce di una stessa medaglia. Intanto è bene sapere che la Bulimia è più diffusa dell’Anoressia e che, contrariamente a quel che si può pensare, è maggiormente fatale. Questo per il fatto che l’Anoressia essendo visibile ed innegabile, attiva maggiori interventi rispetto invece al sintomo bulimico che, se espresso con abbuffate e condotte di compenso, come il vomito, lascia la persona in uno stato di normopeso e di apparente salute. Aumenta, così, il rischio di morire inavvertitamente a causa di seri problemi cardiaci e gastrointestinali. E’ la ragione per cui, intervenire su un’anoressica o su una bulimica, significa chiamare al rapporto una squadra di professionisti tra cui psicologo-psicoterapeuta, psichiatra, nutrizionista, ginecologo, dentista, gastroenterologo.
Venendo ad una lettura psicologica del problema, in entrambe i casi, incontriamo una persona con bassa autostima che cerca di rispondere ad elevate aspettative di realizzazione e dimostrazione di competenza. Questo spesso anche a compensare la scarsa vitalità di una famiglia in cui per ragioni di lutti, separazioni, crisi coniugali, fallimenti, la figlia inizia a sentire che le viene indirettamente chiesto di portare risultati. L’identificazione possibile è in termini di “vincente-perdente” e questo è l’esito di un confronto con gli altri. L’anoressica risponde più spesso alle aspettative della mamma, la bulimica a quelle paterne.
Il disturbo alimentare nasce dall’impotenza di far funzionare le cose. L’idea che la situazione sfugga di mano, fa sentire il bisogno di recuperare il potere e il controllo, spietato nell’anoressica, altalenante nella bulimica in cui il cibo svolge anche una funzione anestetica per le emozioni spiacevoli, come per il paziente obeso. L’anoressica poi della sua difficoltà non ne fa mistero, per quanto protesti silenziosamente col corpo, la sua magrezza urla. Più ostica invece la bulimica, che ha l’attitudine di nascondere e può farlo per molti anni, senza che nessuno lo avrebbe mai detto.
Un’altra interessante lettura è quella di considerare il sintomo psicologico espressione di un conflitto che, nel caso qui trattato, ha a che fare con il timore di realizzare se stessi e confrontarsi col mondo, se questo fa aumentare il livello di incertezza rispetto alle proprie possibilità di farcela. In più c’è il timore di uscire di casa e lasciare la funzione di cura che si sta tentando di svolgere per la famiglia.
Per questo una psicoterapia che contempli solo la persona sintomatica come oggetto d’intervento e non anche il contesto delle relazioni in cui vive, è un intervento utile solo in piccola parte se non del tutto infruttuoso.