Un team di neuroscienziati dell’università di Trento ha testato ulteriormente l’efficacia della mindfulness, un’elegante sintesi tra l’antica pratica della meditazione orientale e la necessità del mondo occidentale di curare i suoi crescenti disturbi di stress, ansia e depressione.
Il termine mindfulness è inglese, in italiano potremmo tradurlo come pienezza mentale, e deriva dal Pali (antica lingua del Nord dell’India) che indica la presenza mentale o piena consapevolezza e che prende a piene mani dalla tecnica buddhista vipassana, in cui si osservano gli stati interni partendo dal respiro, arrivando ad osservare gli oggetti mentali e quelli esterni.
Possiamo definire mindfulness la capacità di prestare attenzione al momento presente, a ciò che sta accadendo dentro e fuori di sé in maniera neutra ed accettante. Ci sono due aspetti complementari: il primo è quello della pratica formale, ovvero di seguire le tecniche meditative proprie dei protocolli. Ci sono differenti tecniche all’interno del protocollo, dinamiche e statiche. Tuttavia si fondano tutte sull’abilità di mantenere l’attenzione vigile richiamando l’antica pratica buddhista samataa.
I sette pilastri della pratica di Mindfulness indicati da Kabat Zinn sono:
1. Non giudizio
2. Pazienza
3. ‘Mente del principiante’
4. Fiducia
5. Non cercare risultati
6. Accettazione
7. Lasciare andare
L’altro aspetto comporta il prestare attenzione, durante la normale routine quotidiana, alle azioni che compiamo e agli stati interni sperimentati, senza perderci nel flusso dei pensieri.
Gli effetti
E’ solo una moda o dovremmo essere interessati ad esercitarla? Dal punto di vista psicologico si osserva una migliore gestione delle emozioni negative, percezione del dolore inclusa e in generale differenze individuali negli stati affettivi, che potrebbero essere dovute ad un’alterazione dell’equilibrio interemisferico.
L’attivazione della corteccia prefrontale è in stretta correlazione con l’attivazione del circuito del piacere. La meditazione si è dimostrata avere effetti sul centro dell’attenzione, della memoria di lavoro e della percezione del tempo, svolgendo quindi importanti effetti antidepressivi. Rilassamento profondo che non ottunde l’attenzione, bensì la potenzia. Sul piano fisiologico è stato riscontrato che, nel lungo termine, coloro che avevano seguito la nuova terapia di meditazione avevano ridotto del 47% le probabilità di seguire un attacco di cuore.
Questa pratica svolge funzione immunitaria: precedenti ricerche hanno dimostrato come un buon programma di meditazione possa ridurre l’alta pressione, gli ictus, il colesterolo, l’arteriosclerosi. Inoltre la meditazione riduce sensibilmente anche i livelli di colesterolo nelle urine per le donne in post menopausa.
Tutti gli studi sembrano riportare grani benefici, perchè non cominciare?
Sia cercando un insegnante qualificato, sia portando l’attenzione al respiro anche in questo momento mentre stai leggendo e rallentando qualche minuto.